Sono piena di astio, piena di rabbia. Non so se più verso me
stessa o verso gli altri. Sono piena di astio, piena di rabbia per come è andata la mia vita ma soprattutto per come
sono andati i miei rapporti con gli altri, le mie relazioni tutte. E’ ovvio che
mi metto in discussione, analizzo, esploro angolazioni differenti non ancora
prese in considerazione: non trovo niente, niente di così grave nei miei
atteggiamenti, nelle mie scelte, che giustifichi siffatti percorsi relazionali.
Mi direte “E’ chiaro, ognuno di noi crede di avere ragione”. Non è che io lo
creda, LO SO! La mia presunzione non la mostro agli altri, è affare solo mio.
Con gli altri sono amabile, rispettosa sempre, compassionevole, comprensiva,
disponibile. Un altruismo che cela l’immensa sicurezza che IO sono al di sopra
di tutti, che l’unico pensiero che conta per me è il mio. Questo non vuol dire
che sono barricata dietro le mie convinzioni, anzi, sono aperta ad ogni nuovo
insegnamento, attenta a tutti gli stimoli differenti e lontani dalle mie
modalità. Apprendo di continuo, da tutti. Sono convinta inoltre che niente
accada per caso, che ogni incontro abbia un preciso scopo, come se tutto faccia
parte del nostro disegno. Non sto
parlando della provvidenza, non potrei, non ci credo. Sto parlando della potenziale
capacità di ognuno di noi di arricchire la propria vita attraverso il dono dell’incontro.
E qui iniziano i problemi. Proprio perché l’incontro è visto da me come dono,
attendo sempre con immenso rispetto che si manifesti la qualità del dono
stesso, diciamo così il suo obiettivo. Può
darsi che io debba imparare a fare un passo avanti verso il mio equilibrio,
verso la mia buddità, attraverso questo incontro. Può darsi che quella persona
sia semplicemente un gancio dal quale tendere la fionda del mio prossimo
obiettivo. L’importante è stare in ascolto, aspettare fiduciosi di imparare la
lezione. Il problema nasce proprio dal fatto che, se i livelli energetici delle
persone coinvolte sono molto distanti ci si può fare anche molto male. Se io e
l’altra persona stiamo su piani d’ascolto molto distanti, l’altra persona non è
in grado di capire pienamente il concetto del dono e così ad un certo punto comincia
a scalpitare, a girare in tondo, a creare onde gigantesche che compromettono l’equilibrio
necessario allo scambio. Non so per quale motivo, forse si sente inadeguata,
prova invidia, gelosia, sente che non sta dominando lei la situazione, perché è
chiaro che ogni tipo di rapporto è mosso dal gioco di potere. Questo potenziale
energetico completamente sbilanciato disturba fortemente l’Universo che farà in
modo, nel più breve tempo possibile, di ristabilire l’equilibrio. Per farlo non
bada ai mezzi, al dolore che può creare: lo scompiglio deve essere a tutti i
costi risistemato, l’equilibrio ristabilito. Per me è impossibile rimanere muta
ed immobile in questa fase (segno evidente che sono molto lontana dal mio
equilibrio interiore), vengo presa all'amo e creo danni irrimediabili,
definitivi. La persona coinvolta, essendo su un piano diverso dal mio, non può
fare niente per rimediare e io sento che non ne vale la pena, che ormai il dono
ha raggiunto il suo obiettivo. Lo trovo crudele. Sento che mi perdo brandelli
di felicità o situazioni piacevoli che potevano avvenire da qual momento in
poi. Ma non mi muovo e guardo la pellicola scorrere. Aspetto che il prossimo
dono mi insegni a fare un passo avanti.
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